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CONSIDERAZIONI SUL SERVIZIO CENTRO DIURNO DISABILI
A PARTIRE DELLA DGR 1185/2013

1.       Premessa
La d.g.r. 1185/2013 presenta molti aspetti innovativi che prendono in considerazione il tipo di lavoro svolto all’interno dei servizi socio sanitari e nel caso specifico in un Centro Diurno Disabili. Citiamo tra questi il richiamo culturale al fatto che “I modelli di erogazione delle prestazioni indirizzate alle fragilità e alle cronicità devono, in questo scenario, essere maggiormente finalizzati alla presa in carico, ai percorsi di cura, al tessuto sociale all’interno del quale la persona fragile e la sua famiglia vivono e stabiliscono relazioni fondamentali”, ed operativamente la remunerazione delle giornate dedicate al lavoro di verifica e programmazione così come delle assenze dovute a motivi diversi da quelli di ordine sanitario oppure il riconoscimento del lavoro svolto in età evolutiva all’interno dei contesti scolastici.
Vi sono tuttavia alcuni aspetti che risultano difficili da integrare con il senso del lavoro in una struttura che si occupa di persone in un arco di vita che può arrivare a superare i 40 anni (estensività del lavoro: 18- 60 anni), e con una popolazione variegata sia per funzionamento che per appartenenza a fasi diverse del  ciclo di vita (coabitazione di coorti di ospiti con bisogni differenti).
Un esempio di una tale preoccupazione attiene ad esempio ad alcuni dei criteri di appropriatezza stabiliti lo scorso anno ed utilizzati per verificare la congruità dell’attività svolta nei confronti di persone con disabilità intellettiva ma ultimamente anche al limite di 20 giornate annue posto alle assenze retribuite dal FSR.
Su questo ultimo aspetto gli enti gestori di 22 Centri Diurni Disabili aventi sede nel comune di Milano hanno voluto misurare l’impatto di tale decisione ed hanno raccolto ed analizzato i dati in loro possesso.
2.       Presentazione dei dati relativi alle assenze
Per giungere ad una analisi approfondita abbiamo raccolto i dati sulle presenze degli utenti di 22 CDD milanesi gestiti da enti del privato sociale in accreditamento con R.L..
I dati sono stati estrapolati dai file “FE1” del 2013 inviati trimestralmente da ciascun CDD ad ASL di Milano, e si riferiscono a 551 posti complessivi, su cui hanno ruotano 575 utenti.
Pur consapevoli della incompletezza dei dati disponibili, dalla rielaborazione degli stessi abbiamo evidenziato alcune criticità:
·         La media delle assenze è di 34 giornate, quasi doppia rispetto al “tetto” imposto dalla DGR di cui trattasi;
·         In termini di fatturato complessivo sui 22 CDD convenzionati considerati, a fronte di un budget nel 2013 (potenzialità teorica in caso di nessuna assenza) di euro 6.531.909, si passerebbe da un fatturato effettivamente speso di euro 6.320.011 (con regole 2013), ad un fatturato di euro 6.033.811 (con regole 2014). La perdita utilizzando le regole 2014 sui dati 2013 sarebbe quindi di euro 286.200, in quanto le assenze remunerate passerebbero da 14.921 a 9.375.
·         Le assenze medie per ciascun CDD variano da un minimo di 18 ad un massimo di 49. Tuttavia il dato più significativo sembra essere quello delle assenze per persona: solo il 37% degli utenti infatti risulta assente per meno di 20 giorni all’anno, mentre per quasi 2 utenti su 3 (63%) il numero di assenze è superiore al “tetto”.
·         Le assenze infatti tendono a concentrarsi su alcuni utenti particolarmente fragili, tanto che il 50% delle perdite si concentra su soli 80 utenti (pari al 14%). Pertanto pochi utenti condizionano in modo significativo la disponibilità di risorse dell’intero servizio.

3.       Analisi dei dati
Ogni utente ha mediamente 35 giorni di assenza all’anno ed il dato, da un punto di vista quantitativo, è sicuramente  significativo. Si è voluto tuttavia provare ad introdurre un criterio di analisi qualitativo per individuare le principali ragioni che determinano queste assenze e dal confronto sono emerse le seguenti  motivazioni :
-          Malattie stagionali; la dimensione di vita comunitaria e la fragilità delle persone accolte rendono frequenti queste tipologie di assenza che spesso non sono di brevissima risoluzione; vi sono infatti numerosi ospiti affetti ad esempio da seri problemi respiratori per i quali anche una semplice influenza si può protrarre per settimane.
-          Ricoveri ospedalieri; alcuni ospiti presentano quadri clinici molti precari che possono determinare ricoveri ospedalieri finalizzati ad eseguire interventi chirurgici di tipo ortopedico o neurologico ma anche cure psichiatriche; a tali ricoveri, prima che i medici possano ritenere opportuno il rientro in una dimensione di vita comunitaria, solitamente seguono lunghe degenze a domicilio per il recupero funzionale.
-          Situazioni sociali ad elevata complessità; alcuni nuclei sono particolarmente problematici da un punto di vista sociale inteso come capacità di cura e di tutela del familiare affetto da disabilità. Talvolta alcuni ospiti hanno genitori anziani o con disturbi psichiatrici che non facilitano la frequenza del figlio che di conseguenza, pur non avendo problemi di salute, è presente in modo estremamente discontinuo. I nostri servizi si prendono cura dell’intero nucleo con interventi anche di carattere domiciliare che però hanno tempi di attuazione molto lunghi.
-          Adesione ad iniziative esterne di integrazione sociale; alcuni ospiti partecipano ad iniziative sportive che li portano ad assentarsi dal CDD per intere giornate oppure fanno parte di associazione che organizzano vacanze ed uscite che durano più giorni. La partecipazione sociale è spesso l’obiettivo del lavoro quotidiano quando si intende favorire l’inclusione delle persone con disabilità ma la conseguenza è che più si lavora in questa direzione e più le assenze tendono ad aumentare.
-          Vacanze con i familiari; in diverse situazioni gli ospiti, soprattutto nel periodo estivo, si assentano a seguito della decisione della famiglia di trascorrere un periodo di vacanza in località di villeggiatura; talvolta questo avviene anche su indicazione dei medici di medicina di base che consigliano nei mesi più caldi il soggiorno in luoghi meno caldi e più salubri della grande città.
-          Scarsa adesione al progetto individualizzato; talvolta si registrano assenze prolungate di utenti i cui familiari non colgono l’importanza della continuità e vivono il servizio in modo “utilitaristico”; si tratta solitamente di casi nei quali ad esempio la famiglia ha la possibilità di trasferirsi in altre località per interi mesi oppure di situazioni in cui la stessa famiglia sceglie di tenere frequentemente a casa il proprio figlio preferendo  altre opportunità a sua disposizione. Queste sono le situazioni più critiche in cui si lavora con la famiglia e con il servizio sociale per accompagnare alla dimissione e consentire ad altre persone che sono in attesa di poter aver accesso al servizio.    

4.       Conclusioni
Cogliendo l’occasione di questa specifica analisi relativa alla tematica delle assenze si vuole tuttavia allargare lo sguardo alla particolare tipologia intervento socio sanitario che viene svolto all’interno di un CDD. Se prendiamo infatti a riferimento il modello bio psico sociale dell’I.C.F., che dovrebbe informare il lavoro con la disabilità, come richiamato a livello di normative ed indirizzi nazionali  (vd ad esempio le linee guida nazionali sulla riabilitazione), allora appare chiaro che il lavoro di un centro diurno , la sua efficacia ed appropriatezza, passi per la capacità di intervenire non sulle menomazioni (modello sanitario), ma sull’interazione tra il funzionamento determinato da esse e gli ambienti di vita, laddove la disabilità corrisponde alla limitazione nell’attività e nella partecipazione sociale delle persone. A tale scopo i CDD possono trovare, sia come funzionamento interno che nei rapporti con l’esterno, una loro missione nel promuovere l’integrazione delle persone con disabilità complessa, attraverso il lavoro sulle dimensioni adulte nelle varie fasi di vita. Da questo punto di vista l’accesso da parte di un ospite ad ambiti differenziati di partecipazione (sport, tempo libero, prove di vita indipendente, etc) costituisce spesso obiettivo di successo e di efficacia del lavoro svolto in quanto centro diurno, che non vuole determinarsi come ambito esclusivo di vita. Per altri versi, occupandosi di interventi estensivi  nell’arco di decenni, i CDD non possono che registrare come fisiologiche le  variabili che caratterizzano le  vite delle persone (vacanze , visite parenti, week end lunghi, etc): tali accadimenti infatti, costituiscono spesso una parte significativa del senso della propria esperienza di vita, sotto il profilo biografico, affettivo e relazionale. Allo stesso tempo la finalità di un servizio diurno è anche quella di posticipare il più possibile il ricovero in strutture a più alta valenza sanitaria, quali sono per esempio le RSD, favorendo la cure a domicilio. Tuttavia la fragilità delle persone accolte e la cronicità di alcune patologie che vengono prese in carico in una dimensione territoriale che coinvolge servizio sociale, medico di medicina di base ed altri servizi afferenti all’ASL, determinano frequenti e lunghi periodi di fisiologica assenza per cure sanitarie.

In sostanza ci sembra che le specificità del lavoro di un CDD richiedano un’attenzione a forme di valutazione dell’efficacia specifiche, come di meccanismi di riconoscimento delle sue variabili, che le differenzino da altre unità di offerta del comparto di appartenenza. Infatti laddove si sposti l’accenno alle dimensioni riabilitative classiche e/o a forme globali di presa in carico istituzionali, il rischio di snaturarne la mission come l’efficacia ci sembra più concreto.   

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