L’inclusione nei CDD


Partendo da quello che sappiamo (criticità e punti di forza presenti) cosa possiamo fare per evolvere la realtà della filiera dei servizi diurni di Milano per essere pienamente cittadini protagonisti di diritti (evoluzione del servizio diurno, cosa già mettiamo e cosa possiamo mettere in gioco e cosa chiediamo venga messo in gioco)”

Facile o difficile o impossibile? Tre parole che descrivono un percorso, un cammino di vita.  Se nella scuola elementare può sembrare semplice attuare l’inclusione dei bambini con disabilità grave, diventa poi sempre più complicato attuarla quando si passa alle scuole superiori, perché il divario cognitivo diventa sempre più ampio e i ragazzi meno inclusivi anche tra di loro normodotati.
Nell’inclusione viene coinvolta la famiglia in primis: il bambino disabile può anche sembrare un soggetto passivo se la famiglia non si mette in gioco e sempre più si fa ricorso alla scuola speciale, qui parlare di inclusione comincia a diventare più difficile.  I PEI vertono su programmi per rinforzare le autonomie, non accennano minimamente all’inclusione.

Possiamo parlare di inclusione ragionando sulle case- famiglia o micro-comunità che sono sorte negli ultimi 5 anni: casa Cenni, dove 3 ragazzi frequentanti i CDD milanesi, vivono autonomamente un progetto di vita assistito in un contesto di vita “inclusivo”, un complesso residenziale scelto ad hoc per favorire il mutuo aiuto.
Ma questo esula da quanto viene proposto normalmente nei CDD.
 Anche durante i soggiorni estivi organizzati dal Comune, ci troviamo in presenza di utenti disabili ed educatori che hanno il compito di accudirli, ma anche qui non si può parlare di inclusione; invece alla
 scuola materna ed elementare i soggiorni estivi vengono organizzati comprendendo alunni disabili e alunni normodotati insieme.
Inizia l’esclusione quando si estrapola l’alunno disabile dal contesto della sua classe (scuola primaria o secondaria) e dal suo quartiere di residenza (Municipio).
Nei CDD Comunali, decentrati, che sono ubicati nei Municipi cittadini, si vive la realtà del quartiere? L’inclusione è possibile ma sporadica. Esempi di “inclusione” li troviamo ai CDD Appennini e Cilea dove in concerto con le scuole primarie su un argomento comune (la musica) sono riusciti a lavorare insieme.
Nei CDD Convenzionati, l’inclusione è sporadica e poco prevista.
Cito però l’esperienza del CDD Melograno: l'inclusione consiste con la partecipazione attiva (per quello che la persona disabile può dare) in contesti considerati normali.
Già qualche realtà esiste (CDD Melograno) gestisce x due mattine alla settimana una biblioteca di quartiere, questa attività ha permesso di ampliare le conoscenze andando al bar e farsi conoscere.
Altra esperienza, sono andati a leggere delle storie nelle scuole materne, quanto impegno per imparare ognuno la sua parte! il Disabile che esce offrendo quello in cui riesce!
Se veramente crediamo che lo sport unisce, allora si può prendere contatti con le scuole e provare a fare dei progetti insieme, non dimentichiamo che per gli studenti può significare avere dei crediti.
Ai CDD Don Gnocchi con la collaborazione del membro CPS del Municipio 7 si sono attuati 2 momenti inclusivi con le scuole primarie e secondarie della Zona, sono lavori che hanno realizzato i bambini con alcuni Disabili dei CDD.


Se i rapporti 1:1, 1:2, 1:3 non possono essere rispettati perché gli educatori non sono sufficienti e il minutaggio calcolato al ribasso, inoltre non viene implementato l’organico, non viene sostituito l’educatore in malattia lunga o in maternità, è inutile pensare di fare “inclusione” con le realtà presenti nei Municipi !
Se si privilegia l’aspetto Sanitario, imposto da Regione Lombardia, non sarà mai possibile pensare di realizzare l’inclusione.
In un programma tipo dei CDD ci sono queste scalette: 1) accoglienza e appello, 2) idratazione (dare da bere, perché i ragazzi nostri tendono a bere poco e si disidratano) 3) cambio dei pannolini, 4) laboratori (e sono già le 10,30). Poi pranzo, il più delle volte somministrato frullato (lievi disfagie vengono considerate patologie invalidanti). I pochi che riescono ad andare fuori a pranzo, sono veramente pochi e fortunati, ma anche qui fanno gruppo a parte.  Occasionalmente Fisioterapia con 20 trattamenti all’anno. La Regione interpellata in questo senso, si dice stupita, infatti secondo l’Ente stesso, i trattamenti di FKT devono essere alla bisogna, su richiesta del Fisiatra. Ma per gli adulti resta così: 20, salvo interventi chirurgici o patologie respiratorie che devono essere trattate obbligatoriamente con ciclo quasi quotidiano.
Detto questo occorre capire che cosa vuol dire inclusione: vuol dire solo stare in mezzo alle altre persone normodotate senza avere la possibilità di relazionarsi, tanto per il gusto di dire che i nostri figli, per esempio, sono “andati a teatro” con tutti gli altri? allora non ci interessa!
Per noi inclusione è la possibilità di relazionarsi con gusto, con l’altro, secondo le capacità che si hanno, al limite, aiutato dalla “mediazione” di una terza persona.
Non tutte le persone con disabilità che sono presenti nei CDD, hanno possibilità di relazione; è inutile illudersi che tutti i disabili siano UGUALI! Alcuni, perché violenti o completamente contrari alla socializzazione (vedi ad esempio le persone autistiche gravi), sono impossibilitati a stare insieme agli altri.
Azzardiamo una ipotesi, anche se abbastanza utopica: i CDD dovrebbero essere riorganizzati, creando al momento dell’ingresso, dei gruppi il più possibile disomogenei nel modo di comportarsi e secondo la possibilità personale di relazionarsi, favorendo un’organizzazione più omogenea delle attività quotidiane, adatte a tutto il gruppo, senza lasciare indietro nessuno. Non vuol dire creare dei nuovi sottogruppi chiusi, ma dare la possibilità a tutti di essere seguiti e tramite il PEI (concordato con le famiglie e rispondente alle inclinazioni di ognuno), di essere indirizzati in un cammino adatto ai propri talenti. La tendenza sempre più evidente ad ospedalizzare i Centri, non è certo la strada per l’inclusione, nemmeno per i più gravi.
“Essere cittadini protagonisti”, non vuol dire presenziare a tutti i costi, con tutti gli altri, ad eventi che non dicono molto, ma essere cittadini felici, secondo l’unicità di ognuno.


Pisoni Presidente CDD Milanesi

intervento a Palazzo Reale il 5 dic. 2018 nell'ambito della settimana della Disabilità




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