VERBALE SOTTO-GRUPPO POLO OVEST

VERBALE SOTTO-GRUPPO POLO OVEST

Questo incontro nasce dalla volontà di alcune famiglie di incontrarsi come gruppo di lavoro, allo
scopo di promuovere la nascita di un nuovo modello di assistenza educativa per i minori con
disabilità.
Questo tema è stato trattato nell’ultimo incontro del Polo Ovest (12 maggio) dove è stata
evidenziata la quasi totale mancanza di servizi per questa fascia di utenza, riflesso della assenza
di questo tema nei tavoli decisionali politici.
Le famiglie, così come gli operatori del sociale e delle scuole, chiedono:
• che il tema dei minori adolescenti con disabilità diventi un tema di interesse pubblico e
politico, affinchè servizi che interessano questa utenza vengano finanziati
• servizi diurni flessibili e alternativi a quelli esistenti
Per servizi diurni alternativi a quelli esistenti, si intende un servizio che risponda sia ai bisogni
educativi individualizzati che al bisogno di inclusione sociale dell’intero nucleo familiare.
Per rispondere a queste dimensioni è necessario riferirsi a un modello simile a quello dell’housing
sociale, che favorisce la collaborazione di diverse figure professionali e di enti del sociale con
diversa utenza (immigrati, minori adolescenti, anziani, ecc.).
Il nuovo centro diurno dovrebbe in linea di massima offrire:
☼ servizi per utenti dai 13 ai 25 anni
☼ accesso in base alla territorialità e non al tipo di disabilità (gruppo eterogeneo)
☼ progetti educativi con obiettivi individualizzati (autonomie sociali, logopedia, psicomotricità,
ecc.) da perseguire attraverso interventi individualizzati e di gruppo (gruppo
“disabile” e “integrato” costituito da utenti con o senza disabilità)
☼ orario flessibile, che garantisca assistenza anche in orario scolastico, per chi frequenta solo
parzialmente le attività didattiche
☼ sostegno dell’intero nucleo familiare con coinvolgimento diretto (e spontaneo) alle attività
Un servizio di questo tipo potrebbe delinearsi come spazio di confine tra la disabilità e altre
condizioni di fragilità
Un esempio di attività ideale potrebbe prevedere:
Al mattino attività per utenti che frequentano parzialmente la scuola e che coinvolgano
anziani pensionati, per esempio in attività di orticultura, o signore immigrate che
potrebbero incontrare i genitori o gli operatori per un corso di cucina e di italiano (loro
insegnano a cucinare e si insegna loro l’italiano). Il pranzo potrebbe essere consumato da
minori stranieri i cui genitori sono fuori casa tutto il giorno fino a tarda sera.
Al pomeriggio alcuni genitori insieme ai figli normodotati potrebbero aiutare i bambini con
difficoltà nei compiti (come succede normalmente negli oratori) e si potrebbero offrire
parallelamente attività ricreative (sport, musica, altro) che coinvolgano anche centri esterni
In orario serale il centro potrebbe essere aperto per iniziative aggregative “integrate” aperte
alla cittadinanza (corsi di yoga, corsi di musica, aperitvi, cene solidali, ecc.) che potrebbero
rappresentare delle fonti di auto-finanziamento.
Nel week end il centro potrebbe proporre momenti di sollievo alle famiglie, attività semiresidenziali
di sperimentazione all’autonomia, con uscite e laboratori sul territorio.
Le famiglie presenti valutano la necessità di un luogo “vicino” alla SCUOLA, ente privilegiato ad
accogliere diversi tipi di fragilità, sulla base della territorialità e non esclusivamente del bisogno.
Esiste già un pensiero di apertura delle scuole, che si è concretizzato con un bando della l.285
aperto alle richieste dei comitati genitori delle scuole. Un esempio di partecipazione a questo
bando è quello della scuola Munari del quartiere Olmi, che ha richiesto l’apertura a minori non
iscritti alla scuola, con o senza disabilità, di accedere ai corsi pomeridiani di musica, multi-dialità,
cibo-alimentzione. Il bando scade a fine giugno.
L’incontro, orientato alla riflessione delle esigenze genitoriali e individuali del minore con
disabilità, lascia sospesi alcuni aspetti:
Dove? Usare risorse esistenti o no
durante l’incontro si riflette sulla possibilità di aprire un nuovo centro o, al contrario, inserirsi in
un servizio già attivo, sufficientemente flessibile da accogliere queste nuove esigenze (scuola,
oratori, ecc.).
Mappare i percorsi educativi fatti
si valuta l’opportunità di contattare le famiglie con figli maggiorenni, o che hanno concluso da
poco il ciclo scolastico, per delineare il percorso fatto e le effettive proposte e opportunità presenti
sul territorio
mettere a confronto diversi modelli di intervento
individuare alcune esperienze scolastiche o di enti del sociale, che possono essere usate come
modello da adattare alla nuova concezione di centro diurno. Es. ass. L’AbilitA’, o una scuola a
Rozzano che accoglieva anche un cdd.
accettare i limiti della disabilità
valutare in che misura il nuovo modello debba emanciparsi completamente dall’intervento tipico
dei centri diurni educativi o quanto debbano essere garantiti dei protocolli di intervento “standard”
ma efficaci.
Si fa l’esempio delle scuole speciali francesi, che penalizzano l’integrazione sociale, a beneficio
dell’apprendimento (basato per casi più gravi sull’automatismo e la ripetizione) di semplici attività
occupazionali (apparecchiare, piagare la biancheria, rifare i letti, ecc.).
Dopo di noi – durante noi
La dimensione di adultità e di vita autonoma dovrebbe essere un obiettivo delle attività del centro,
che, come premesso, accoglierebbe utenti dai 13 ai 25 anni. Al raggiungimento del limite di età si
dovrebbe, infatti, poter avviare il progetto di vita autonoma.
Il prossimo incontro operativo del gruppo sarà
lunedì 15/06 alle 10:00
presso l’ass. Il Gabbiano – noi come gli altri. Via ceriani, 3 (chiesetta vecchia di baggio)

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