Crisi e Disabilità

Crisi e disabilità: un nuovo indicatore per misurare il rischio povertà
Redattore Sociale del 14-05-2013



ROMA. Esiste una stretta correlazione tra povertà e disabilità: una correlazione che aumenta con l’incedere della crisi, ma che può essere contrastata in presenza di servizi di assistenza pubblici, capaci di soddisfare i bisogni delle famiglie. A rilevarlo, con uno studio pilota e altre ricerche sul tema, è Georgia Casanova, ricercatrice a contratto presso l’Inrca (Istituto nazionale di riposo e cura per gli anziani) e autrice, insieme a Roberto Lillini, dell’indagine su ''Non autosufficienza e deprivazione economica: scelte economiche e gestionali e rapporto di correlazione''. Se infatti da un lato la “spesa sanitaria pubblica corrente per servizi a gestione diretta” sembra contrastare l’incidenza di povertà (-0.53), al contrario l’investimento “in convezione totale” muove a favore di essa (+0.54). E’ questo uno dei dati emersi dall’indagine 3 anni fa e che presto darà vita a un nuovo indicatore di misurazione della povertà. Ce ne parla Georgia Casanova, che nel frattempo ha continuato a osservare e studiare il nostro sistema di welfare, con un’attenzione particolare ad anziani e non autosufficienza.

Esiste quindi un rapporto tra la disabilità e l’indigenza?
C’è una stretta correlazione tra non autosufficienza e rischio di indigenza: un rapporto che abbiamo evidenziato con lo studio pilota del 2009, ma che presto sarà misurabile attraverso gli indicatori territoriali che, con il mio collega Roberto Lillini, presenterà a metà luglio a Lubiana. In un momento in cui il sistema di welfare va verso la privatizzazione parziale o totale, il dato fondamentale è questo: l’unico strumento che contrasta la deprivazione socioeconomica delle famiglie con un soggetto non autosufficiente è la presenza di servizi pubblici. L’indicatore sarà in grado di misurare quanto la presenza di un familiare con grave disabilità comporti il rischio di disagio economico per la propria famiglia. La strategia attuale di copertura del bisogno può o meno sopperire a questo rischio. Lo studio pilota è stato condotto su dati secondari: ora, speriamo di dare alle amministrazioni pubbliche e locali uno strumento per percepire il rischio anche sul proprio terr itorio.

In cosa consiste il costo della disabilità per la famiglia?
Ci riferiamo a due tipi di peso economico: da un lato, il costo diretto, che deriva dal pagamento di cure e servizi; dall’altro il costo indiretto, che consiste nella rinuncia al lavoro cui spesso è costretto chi si cura del familiare disabile. Questo peso – come abbiamo rilevato – viene sensibilmente alleggerito nei contesti in cui i servizi sono pubblici. Laddove sono a pagamento, il rischio di indigenza è più alto, sopratutto in presenza di redditi medio bassi

Nello studio si riporta il caso della Lombardia: servizi per lo più privati, ma redditi alti. Anche in questo caso c’è rischio di indigenza.
In Lombardia, come in contesti ad alto reddito, il rischio d’indigenza è più baso, anche in presenza di un sistema privato di assistenza. In un contesto di crisi economica, però, com’è quello attuale, il rischio sale notevolmente.

Possiamo dire quindi che le famiglie con disabilità risentano della crisi economica più delle altre famiglie?
Certamente sì. Soprattutto le famiglie che vivono in contesti in cui i servizi sono privati e a pagamento

Parliamo però di disabilità grave: quindi, di famiglie che percepiscono un’indennità. Questo non riduce il rischio?
No, l’indennità è un indennizzo di deficit, ma non mira alla copertura del bisogno e non mette al riparo dai rischi di impoverimento della famiglia.

Da parte di molte famiglie, c’è la forte richiesta di sostegno alla domiciliarità: poter assistere i propri cari a casa, con il dovuto supporto, migliorerebbe la qualità di vita della persone, riducendo i costi per lo Stato. Cosa ne pensa?
Credo che in questo senso sia particolarmente interessante una nuova tendenza, presente in Liguria ma anche in altre regioni: le dimissioni protette. Si tratta di una sorta di sistema misto, in cui la famiglia è subito affiancata da assistenti familiari selezionate: questa potrebbe essere una buona soluzione dal punto di vista socioeconomico. (cl)

Commenti

  1. questo articolo apparso su "Redattore Sociale" esplicita la nostra perplessità su come si vuole tendere a uniformare i criteri di disabilità senza tenere conto delle disabilità gravi e delle loro peculiarità. Cito la mail di Elisa molto chiara in questo senso:
    "i soggetti più gravi sono i più colpiti, semplicemente perché hanno più bisogni di assistenza; d'altronde basta ricordare i problemi con i rapporti "rafforzati" non ho inventato io il costo legato al rapporto-assistenza vedi vacanze, questo si ripete in tutte le offerte che arrivano dalle varie Cooperative."

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